Le parole pesano

Le parole pesano. E pesano ancora di più quando sono rivolte ai bambini. È necessario imparare ad usarle con la giusta misura e consapevolmente perché se usate erroneamente si trasformano in armi devastanti  per l’autostima dei nostri bambini, specie se ci troviamo di fronte ad un figlio particolarmente sensibile o emotivo.

Per tale ragione oggi vi propongo un brano tratto   “Intelligenza emotiva per un figlio. Una guida per i genitori” di John Gottman che certamente vi farà riflettere :

“ EVITATE LE CRITICHE ECCESSIVE, I COMMENTI UMILIANTI O SARCASTICI NEI CONFRONTI DI VOSTRO FIGLIO: La nostra ricerca dimostra chiaramente che un simile atteggiamento di disprezzo ha un effetto distruttivo per la comunicazione tra genitori e figli e per l’autostima dei figli. Negli esperimenti di laboratorio che abbiamo condotto con le famiglie, abbiamo visto i genitori assumere questo comportamento in diversi modi, uno dei quali è quello di ripetere alla lettera, in tono di scherno, i commenti dei figli. (Ad esempio il bambino potrebbe dire: «Non ricordo questa storia». «Non te la ricordi?» era la risposta dei genitori in tono di scherno.) Durante l’esercizio con i videogiochi, alcuni genitori erano troppo ansiosi per gli errori dei propri bambini, facevano notare loro ogni sbaglio e li soffocavano con una sequela ininterrotta di critiche. Altri si sostituivano ai figli nel gioco, dimostrando così di considerarli incapaci. Nelle interviste sulle emozioni dei propri figli, molti genitori ci dicevano di reagire ai capricci dei bambini in età prescolare con l’irrisione e lo sbeffeggiamento. Quando tre anni dopo verificammo la situazione di queste famiglie, trovammo che i figli, che erano stati trattati dai genitori in maniera irriguardosa e sprezzante, erano gli stessi ragazzi che sperimentavano le maggiori difficoltà nell’apprendimento scolastico e nelle amicizie. Questi ragazzi avevano i livelli più alti di ormoni collegati allo stress. Inoltre avevano maggiori problemi comportamentali, secondo quanto riferivano i loro insegnanti e, secondo le loro mamme, si ammalavano frequentemente. L’atteggiamento di scherno da parte dei genitori può essere osservato sia nella vita reale sia nelle esperienze di laboratorio. In ogni istante, genitori bene intenzionati sgretolano la fiducia in se stessi dei propri ragazzi, correggendo continuamente il loro modo di fare, deridendo i loro sbagli e immischiandosi senza bisogno anche quando i figli cercano di eseguire i compiti più semplici“.

Nutripiatto: per l’alimentazione corretta e bilanciata dei nostri figli

La scienza dimostra che i pilastri per una buona salute si costruiscono a tavola e dipendono dal cibo che mangiamo. È perciò fondamentale dare importanza ad una dieta varia ed equilibrata, che veda l’assunzione bilanciata dei differenti gruppi alimentari.

Non solo, seguire un’alimentazione sana è fondamentale per rafforzare il corpo, ma anche per fornire l’energia quotidiana indispensabile a fare funzionare bene l’organismo. Una giusta alimentazione è dunque determinante per uno sviluppo fisico sano, soprattutto durante l’infanzia e nelle fasi successive della vita.

Io sono una madre, per cui avverto la responsabilità di crescere i miei figli nella maniera migliore possibile. Necessariamente il mio impegno passa dalla tavola per assicurare loro un corretto regime alimentare che gli permetta, non solo, di crescere sani e forti, ma che gli dia anche un’educazione tale da far comprendere lorol’importanza di quello che mangiamo. 

Si sa, non è sempre semplice riuscire a fare mangiare ad un bambino cibi salutari e nelle giuste quantità. Ho provato diverse volte a stimolare la loro curiosità attraverso il gioco ma, come tante di voi sapranno, non è sempre facile avvicinarli a nuovi gusti. Recentemente, un aiuto importante arriva da Nestlé con il geniale NUTRIPIATTO. E se ha funzionato con mio figlio che mai aveva mangiato una sola verdura in vita sua, sono sicura che funzionerà con qualunque bambino.

Ma andiamo per step, sapete di cosa si tratta?

Il NUTRIPIATTO è uno strumento di educazione alimentarerivolto ai bambini dai 4 ai 12 anni, che consiste in un piatto “intelligente” e una guida didattica. Il piatto indica le corrette porzioni dei gruppi alimentari che fanno parte dei due pasti principali, ovvero il pranzo e la cena. 

La guida, invece, spiega come utilizzare Nutripiatto e offre consigli e idee per soddisfare i fabbisogni nutrizionali dei bambini, tenendo anche conto delle differenti fasce di età, e aiutare le famiglie a seguire uno stile alimentare sano, basato sul modello Mediterraneo. La guida, inoltre, è composta anche da capitoli specifici inerenti all’importanza di fare attività fisica e diavere una corretta idratazione.

Il Nutripiatto, come potete vedere dalle foto, essendo colorato e ben illustrato, stimola l’attenzione e la curiosità dei bambini che, attraverso il gioco, percepiscono l’importanza di un’alimentazione sana e bilanciata, diventando così i veri protagonisti in cucina.

Il progetto Nutripiatto fa parte di un più ampio progetto Nestlé, di respiro internazionale, denominato “Nestlé for Healthier Kids”.

“Nestlé da sempre si impegna ad aiutare genitori ed educatori nel fornire la corretta nutrizione ai bambini.” – afferma DesiréeGarofalo, Nutrizionista Nestlé – “Nutripiatto rientra infatti nel progetto internazionale Nestlé for Healthier Kids, che si pone l’ambizioso obiettivo di aiutare, entro il 2030, 50 milioni di bambini a vivere in modo più sano. E in un Paese come l’Italia, in cui una corretta nutrizione ha come alleato la dieta mediterranea, Nutripiatto ne sostiene ulteriormente i principi, focalizzandosi sulla corretta porzionatura di pasti e alimenti”.

In conclusione, sintetizzando, care mamme, questo è quello che dovete tenere a mente: Nestlé mette a disposizione dei genitori italiani Nutripiatto, un modo semplice e divertente per creare tutti insieme porzioni “a misura di bambino”, la base per un’alimentazione corretta fin dall’infanzia.• Il progetto si avvale del contributo scientifico dell’Università Campus Bio-Medico di Roma che, partendo da Nutripiatto, ha studiato una serie di ricette nutrizionalmente bilanciate e pensate per i bambini dai 4 ai 12 anni• L’obiettivo iniziale di Nestlé è di distribuire 500.000 kit Nutripiatto entro il 2020, raggiungendo così quasi il 15% delle famiglie in Italia con bambini in questa fascia di età.

Se vi ho incuriosito e volete saperne di più, visitate il sito www.nutripiatto.nestle.it, dove è possibile scaricare la guida, trovare approfondimenti, ricette consultabili liberamente erichiedere gratuitamente il kit Nutripiatto.

Complimenti a questa grande azienda che è stata in grado di pensare sensibilmente alla salute dei nostri bambini, trasmettendo loro concetti fondati su basi scientifiche ma resi fruibili grazie al gioco. 

Cos’è il reddito di maternità

Dopo il reddito di cittadinanza ecco il reddito di maternità .
Di cosa si tratta?
Di 1000 euro al mese per le donne che scelgono di fare le mamme a tempo pieno. Una proposta di legge di iniziativa popolare proposta dal coordinatore nazionale del Popolo della Famiglia, Mirko De Carli.
Per la proposta sono state raccolte circa 50mila firme che saranno depositate in Parlamento.
Si tratterebbe di una somma mensile che durerebbe otto anni e che ripartirebbe  alla nascita di ogni figlio.
Dal quarto figlio, poi, o con la presenza di disabilitá lo stesso diventerebbe un vitalizio. Il costo di questa misura è stimato circa tre miliardi ogni anno e troverebbe spazio nel fondo del Consiglio delle pari opportunità del triennio 2020-2022.
Ma tra l’annunciare ed il fare c’è di mezzo l’immensitá.
Io resto perciò dubbiosa e non solo sull’effettiva realizzazione della misura.
Perché se da un lato è vero e giusto che se una donna sceglie liberamente di voler fare solo la madre nella vita lo Stato deve necessariamente aiutarla concretamente , ma dall’altro quando una donna decide di essere madre e non rinunciare alla propria carriera deve altresì poter contare sull’ausilio di un welfare moderno e strutturato come già avviene in altri Paesi europei, come ad esempio in Francia.
Per cui, va benissimo il reddito di maternità ma non basta, è troppo poco, è solo un piccolo tassello, un primo intervento che apre ad un cambiamento sostanziale su un tema importante, quello della maternità che va sostenuta e garantita . Ma un Paese civile e moderno deve anche doverosamente  garantire alle donne il diritto a lavorare senza rinunciare a costruire una famiglia.
L’italia necessita , da troppo tempo ormai, di un intervento strutturato rivolto alla maternità e alla famiglia, i bonus non servono a nulla.

Quando l’affido dei minori diventa un business

Di seguito pubblico una lettera di chi ha vissuto il percorso che solitamente si segue in Italia per chiedere l’affidamento di minori.

A voi le riflessioni.

” In seguito a cambiamenti familiari io e mio marito, con più tempo da dedicare, ci poniamo come progetto l’affido di uno o più minori. Ci sottoponiamo alle valutazioni di rito: quella da parte dei consulenti del Tribunale di competenza, consultorio del territorio, altri consultori con altri colloqui psicodiagnostici, valutazioni da parte di diversi team di specialisti del settore (psicologi, assistenti sociali, operatori), tutti ci vivisezionano accuratamente (e noi apriamo volentieri il nostro vissuto, più e più volte), ci affidiamo a consiglieri comunali, a segretari e impiegati nei vari ruoli. Fiduciosi, maciniamo chilometri e tempo da dedicare agli esami delle nostre persone”.

“Ogni relazione ci ha descritto come risorsa, adeguati al ruolo di affidatari. Seguiamo incontri sul tema per quasi 3 anni. Se risulta necessario ripetiamo con nuovi visi tutti i test e gli ormai dolorosissimi  colloqui… Ancora corsi di formazione, ancora incontri organizzati dal Comune tal dei tali. E poi la valutazione presso altri Tribunali di province vicine (con documenti, appuntamenti). Poi la conoscenza delle Comunità dove sono ospitati tantissimi ragazzi (una vera sorpresa scoprirne il numero…) storie immense per gravità e varietà”.

“Ogni Comunità ospitante viene organizzata (con spese a carico del Comune di appartenenza) con tantissime figure: educatori, psicologi, assistenti sociali. Tantissima gente ruota attorno ad ogni sede, non sono mai riuscita a identificare tutti i componenti dedicati alle strutture, ne spuntavano sempre di altri. Abbiamo avuto la possibilità di avvicinare un ospite di una comunità e ci siamo resi conto che la persona in questione non era stata mai ascoltata, i suoi desideri, le sue capacità non erano minimamente note agli operatori che ne avevano cura, nonostante i tanti, tanti anni di vita trascorsi in struttura”.

“Come se tutto questo vorticoso ruotare intorno ai minori non fosse finalizzato a renderli consapevoli, a favorirne le autonomie e la crescita attraverso l’ospitalità di ambienti familiari adeguati…. ma anzi a perpetuarne lo stazionare in tali luoghi. E ancora.. nuovi corsi di formazione finanziati pubblicamente, per riflettere… Ma i ragazzi in questi infiniti tempi, rimangono lì, inascoltati, lontani da un ambiente ospitante che potrebbe dar loro calore e relazioni, utili a riconquistare un minimo di serenità (a costo zero per lo Stato)”.

“Per le pratiche di adozione è giusto che le situazioni siano approfondite e analizzate profondamente… ma per una richiesta di affido, che ha il fine di ospitare minori appartenenti a famiglie in difficoltà, 3 anni trascorsi solo in spietate valutazioni senza potersi mettere in gioco, sono incomprensibili o forse no, visto il business istituito”.

Le braccia materne fanno miracoli

L’ABBRACCIO della mamma può fare miracoli, anche ridurre la percezione del dolore nei bimbi.

Uno studio italiano, pubblicato su “Pediatrics” mostra che lasciare il bimbo  tra le braccia materne durante un prelievo di sangue ha un’influenza positiva visibile anche nella corteccia cerebrale.

” I ricercatori dell’IRCCS Burlo Garofolo a Trieste, guidati da Sergio Demarini, hanno sottoposto 80 bambini sani appena nati a un esame del sangue tramite puntura del tallone. Prima di farlo li hanno però divisi in quattro gruppi assegnando a ogni gruppo un diverso tipo di sollievo dal dolore: acqua zuccherata mentre erano su un fasciatoio; latte materno in biberon mentre erano su un fasciatoio; acqua zuccherata mentre erano tenuti in braccio dalle loro madri; latte materno direttamente dal seno. I ricercatori hanno osservato le espressioni di dolore e anche usato un dispositivo non invasivo, la Spettroscopia nel vicino infrarosso (NIRS), per misurare i cambiamenti del livello di ossigeno nel loro cervello, come un modo per rilevare quali aree venivano attivate dal dolore. I diversi metodi erano associati a diverse risposte nel cervello.

Il fatto stesso di stare in grembo alla madre ha mostrato il più grande effetto analgesico, sia se combinata sia con acqua e zucchero che con l’allattamento al seno. Con l’acqua zuccherata, sembra esserci meno trasmissione del dolore nella corteccia cerebrale, rispetto al latte materno somministrato col biberon se i bimbi erano sul fasciatoio. L’acqua zuccherata, infine, si è dimostrata più efficace se somministrata mentre il bimbo era in braccio alla mamma.

Già in passato altre ricerche avevano messo in evidenza l’effetto positivo delle coccole sui neonati. Riducono lo stress e favoriscono il riposo, migliorando lo sviluppo neuro-comportamentale. Per questo, per la prima volta in Italia, sono state inserite tra le cure offerte, all’ospedale Maria Vittoria di Torino, ai neonati ricoverati in Terapia intensiva. L’iniziativa è dell’associazione ‘Le Coccole di Mamma Irene’, dal nome della giovane stroncata lo scorso anno da un aneurisma cerebrale mentre metteva al mondo la figlia, Emma Maria.

Creata dal marito e dalla sorella di Irene, l’associazione vuole prendersi cura di neonati e bambini ospedalizzati. Da novembre, dopo un corso di formazione, i volontari, regolamentati da apposita convenzione, si prenderanno cura dei piccoli ospiti del reparto, su indicazione medica, con una presenza fatta di calore e di coccole, di momenti di musica e lettura di favole.

Soprattutto, di vicinanza”.

Il “Salvabebè” è legge!

Il Senato ha approvato praticamente all’unanimità, con 261 sì, il disegno di legge che obbliga ad installare dei dispositivi di sicurezza nelle proprie automobili in presenza di un bambino per impedirne l’abbandono involontario.

Non c’è stato nessun voto contrario e un solo astenuto.

Già approvato alla Camera, il provvedimento diventa ora legge e porta il nome della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, sua prima firmataria.

Dal primo luglio 2019 le macchine con a bordo bambini di età inferiore ai quattro anni dovranno essere equipaggiate con un dispositivo elettronico, per segnalare in caso di bisogno la presenza del piccolo al suo interno. Così il Parlamento cerca di porre freno all’abbandono involontario, in auto, che negli ultimi anni ha colpito numerose famiglie, per colpa del cosiddetto vuoto di memoria dei genitori. E’ una patologia ben precisa, l’amnesia dissociativa, causata il più delle volte da stress.  Oltre al mancato uso delle cinture di sicurezza e dei seggiolini per i bambini, il codice della strada, modificato con questo provvedimento, sanzionerà la mancanza di questo dispositivo di allarme. Le sanzioni andranno dagli 81 ai 326 euro, fino ad arrivare alla sospensione della patente dai 15 giorni ai due mesi in caso l’obbligo venga violato più di una volta nell’arco di due anni.

Per quanto riguarda le caratteristiche del sistema di allarme, il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si impegna a varare un decreto apposito entro sessanta giorni, e per sensibilizzare i genitori al nuovo obbligo annuncia una campagna di informazione finanziata con 80mila euro l’anno che andrà dal 2019 al 2021.

Sono previste infine anche agevolazioni fiscali, nel rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato, per acquistare i dispositivi di allarme.

(da Repubblica)

Donne a casa e uomini al lavoro???!!!

E’ il solito bicchiere pieno a metà.

Il 48% degli italiani rimane convinto che siano gli uomini a dover portare a casa lo stipendio, mentre alle donne tocchi occuparsi della famiglia.

L’altro 52% pensa che questo schema sia superato. Lo dice un’indagine Nielsen sulla divisione dei compiti all’interno delle coppie. La tentazione di vedere il bicchiere mezzo vuoto è forte. Anche perché gli altri dati non rincuorano.

E il fatto che nei trenta Paesi al mondo in cui è stata condotta la rilevazione addirittura il 58% degli intervistati ritenga che le donne debbano concentrarsi sul lavoro di cura non è una consolazione. Anche perché (continua la ricerca) nel 44% delle famiglie italiane sono sempre le donne a cucinare e a farsi carico del lavoro domestico. Mentre i maschi con l’esclusiva della gestione della casa sono l’8%. Quanto rilevato da Nielsen è in linea con l’ultima indagine Istat sull’argomento, datata 2013. Il tempo sembra essersi fermato ai vecchi equilibri di una divisione del lavoro che penalizza le donne. Ma a conti fatti danneggia anche gli uomini, le famiglie e il Paese. Queste donne inchiodate ai compiti domestici gratuiti non lavorano retribuite fuori casa. Il «record» del 49% di tasso di occupazione femminile registrato dall’Istat è segno che qualcosa si muove. Ma restiamo fanalino di coda in Europa. L’appello alla necessità di cambiare perché vantaggioso sul piano economico è stato più volte riproposto. Ma per accelerare un cambiamento culturale non bastano argomenti improntati a razionalità e convenienza. La questione attiene agli equilibri interni delle coppie. Equilibri che hanno qualcosa di malato, visto lo stillicidio di violenze sulle donne. La relazione tra violenza domestica e sperequazione nella divisione «privata» del lavoro di cura meriterebbe a questo punto una seria riflessione.

(Rita Querzè per Corriere della Sera)

Madri in carcere

In Italia sono pochissime – «solo» poco più di 50 mamme con figli fino a 6 anni (su 2.551 donne detenute in Italia) secondo dati aggiornati a settembre 2018 (fonte Ristretti), al di sotto del 5% del totale. La detenzione se coincide con la maternità è un capitolo ancora più doloroso che può diventare choc quando il bimbo compie tre anni e secondo la legge il minore deve uscire. Sono numeri piccoli: nel 2014 i bambini detenuti con le loro madri erano 27, sebbene questo sia il numero più basso mai raggiunto dal 1975, non si è soddisfatto l’obiettivo del «mai più bambini in carcere» condiviso nella discussione parlamentare che ha preceduto l’ultima legge – dati reperibili nella sezione «statistiche» del sito del Ministero della Giustizia, al giorno 28 Febbraio 2015 -.

Una legge necessaria per non far ricadere sui figli le colpe delle madri, ma che ancora non è stata attuata. La legge 62/2011 per valorizzare il rapporto tra le madri in carcere e i loro figli ha disposto l’istituzione di «Istituti a custodia attenuata per detenute madri» (Icam) che permettono di scontare la pena in ambienti con un ruolo di comunità e che non siano un semplice nido. Attualmente però sono solo 5 gli Icam – Milano San Vittore (dove è stato avviato il primo progetto), Venezia Giudecca, Torino «Lorusso e Cutugno», Avellino Lauro e Cagliari – che, secondo la legge, possono ospitare mamme con bambini fino ai 6 anni in ambiente famigliare mentre, dove non esistono, i bimbi vengono reclusi nelle sezioni «nido» (in questo caso fino ai 3 anni) allestite presso le sezioni femminili dei penitenziari (Trani, Pozzuoli, Roma Rebibbia, Empoli).

Secondo i dati forniti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, le detenute madri con figli al seguito presenti nelle carceri italiane al 31 agosto 2018 erano 52, con 62 bambini (di cui 33 italiani e 29 stranieri). Presso gli Icam è garantita l’assistenza sanitaria attraverso il coinvolgimento della rete dei servizi materni infantili sanitari e territoriali e dei medici che operano nei penitenziari.

«Mamme e bimbi sono ristretti in 12 strutture penali, di cui 4 Icam (nella comunità del carcere di Cagliari al momento non sono presenti mamme con prole) mentre 8 sono ancora le vecchie sezioni nido nei reparti femminili -dice a Bruno Mellano, garante dei detenuti della Regione Piemonte. Purtroppo ancora una trentina di bimbi non hanno la possibilità di scontare la loro »pena forzata« con le mamme negli Icam, vivendo in condizioni che non rispettano i diritti dei fanciulli. La speranza è che in tutte le sezioni femminili delle carceri italiane vengano allestite comunità Icam come prevede la legge, per permettere a tutte le madri detenute di assicurare un’infanzia simile agli altri bambini».

L’amore materno fa miracoli

L’AMORE materno può aiutare il cervello dei bambini a svilupparsi del doppio, in particolare in alcune aree chiave come l’ippocampo, una sorta di ‘centralina’ della memoria e del senso dello spazio. Lo dimostra uno studio della Washington University, pubblicato online su Pnas,Proceedings of the National Academy of Sciences.

Lo studio. Gli studiosi hanno seguito 127 bambini da quando erano in procinto di iniziare la scuola fino alla prima adolescenza, con scansioni cerebrali. L’accudimento delle mamme nei confronti dei bimbi e’ stato misurato attraverso un’osservazione da vicino o videoregistrazioni. Esaminando le scansioni del cervello, i ricercatori hanno scoperto che i bambini le cui madri erano più di supporto rispetto alla media avevano un aumento della crescita dell’ippocampo, che era due volte più grande di quello dei coetanei a cui le madri offrivano un livello di supporto inferiore.

Funzioni emotive più sane. I ricercatori hanno anche riscontrato che la traiettoria di crescita nell’ippocampo è stata associata a funzioni emotive più sane quando i ragazzi sono entrati nell’adolescenza. “La relazione tra genitore e figlio nel periodo che precede la scuola è vitale- spiega Joan Luby, autrice dello studio-questo perché il cervello dei piccoli ha maggiore plasticità ed è influenzato maggiormente dalle esperienze nelle prime fasi della vita. Percio’ è importante che il bambino riceva supporto e accudimento”.

L’altra ricerca. Numerose ricerche hanno messo in evideza l’importanza del ruolo della mamma e delle sue decisioni nello sviluppo del figlio. Secondo molti studiosi, anche la decisione di allattare o meno potrebbe avere un ruolo nello sviluppo dei neonati.Una lunga ricerca epidemiologica svolta da Wieslaw Jedrychowski dell’università Jagiellonian di Cracovia, in Polonia, pubblicata sull’European Journal of Pediatrics, ha sostenuto che l’allattamento al seno aumenta il quoziente intellettivo (QI) dei bimbi. (V.P.)

(da Repubblica)

Mamma, parte seconda

Eccomi, anzi rieccomi.

Di nuovo io, di nuovo mamma.

Una seconda figlia, una nuova vita che genera una vita nuova, una nuova forza, inaspettata ma attesa, sperata, pregata in ogni cellula del mio io.

La mia piccola Anna ha tre mesi, è arrivata come un uragano, mi ha tenuto con il fiato sospeso ed il cuore ancora non ha smesso di galoppare come il più veloce dei purosangue da quel 5 Giugno che ha davvero mutato ogni singolo pensiero, quel 5 Giugno che ha rimesso tutto in gioco, quel 5 Giugno che urla che la vita è un attimo.

È stato un parto che, ogni volta che me lo chiedono, definisco “turbolento” e poi mi fermo. Perché non è facile raccontare, peggio ancora per me è raccontarsi e trovare la voglia di farlo. Ma il tempo passa ed è un grande guaritore, i brutti pensieri si sgretolano, la forza si rigenera nella difficoltà e quasi poi ci si sente invincibili. Capita di sentirsi distrutti e dopo qualche giorno invincibili, in questo si racchiude la precarietà della vita e la forza degli uomini. Una vita e mille sorprese, di questo si tratta, ho capito che è così, che tutto può accadere, che i programmi sono solo probabilità, che ogni persona su questa terra deve avere coscienza che da un attimo a quello dopo il mondo può mutare, lo stato delle cose cambia senza preavviso e bisogna necessariamente essere pronti ad affrontare l’inaspettato.

E la filosofia, come magistralmente insegnatomi dalle mie amiche, è quella del “tuttapposto”. Perché è sempre #tuttapposto, nonostante le difficoltà, i pianti, i sospiri, la tachicardia e l’insonnia. L’atteggiamento positivo è l’unico modo per cavalcare la vita, per restarne protagonista e mai vittima. E quando sei madre questo modus operandi è obbligatorio, per infondere serenità ai propri figli, per insegnare loro che le sofferenze fanno parte della vita, che si affrontano e si superano, un passo alla volta, senza mollare mai.

L’immensa gioia di una nascita, l’amore infinito, senza tempo e senza freni è il motore di noi madri, guerriere, combattenti e vincitrici.

Io e Anna abbiamo superato un brutto momento, tutte e due salve grazie al destino, alla combinazione di tanti eventi, alla presenza di professionisti capaci e tempestivi, alla struttura all’avanguardia, alla sanità che funziona, agli amici e alla nostra famiglia che non ci hanno mai fatto sentire soli e che ci hanno commosso per la loro presenza costante ma discreta. Ci siamo sentiti amati e grati verso chi ha sofferto con noi quegli attimi di paura e poi festeggiato quando è stato scongiurato ogni male.

Mi sento una donna fortunata perché, nonostante le avversità, la vita mi ha dato tanto e sono certa che mi darà ancora.