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Costume e società

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PARTE IL NEET WORKING TOUR PER I GIOVANI

10 Aprile 2022

Si apre a Torino l’11 aprile il Truck Tour NEET Working, la campagna informativa itinerante rivolta ai NEET (Not in Education, Employment or Training), giovani inattivi di età compresa tra i 14 e i 35 anni che non studiano, non lavorano e non fanno formazione. L’iniziativa rientra nel “PIANO NEET”, un piano strategico di emersione e orientamento dei giovani inattivi, promosso dal Ministero per le Politiche Giovanili e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. “Questo tour inizia con…

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Da Save the Children i consigli per comunicare la guerra ai bambini

Per sostenere tutti gli adulti che si trovano nella situazione di dover spiegare ai bambini qualcosa che potrebbero non comprendere, come la guerra, Save the Children ha stilato un elenco con facili consigli da seguire per affrontare le paure dei più piccoli. Gli esperti di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro, hanno sottolineato che quello che sta accadendo in Ucraina può essere fonte di preoccupazione sia per i bambini che per gli adulti. “Ignorare o evitare l’argomento può portare più piccoli a sentirsi persi, soli e più impauriti. È essenziale avere conversazioni aperte e oneste con i bambini per aiutarli a elaborare ciò che sta accadendo”.

E’ importante valutare l’età del bambino. I bambini piccoli potrebbero non capire cosa significhi conflitto o guerra. Non è necessario spiegare eccessivamente la situazione o a non entrare troppo nei dettagli che potrebbero far crescere in loro un’ansia inutile. I bambini più piccoli potrebbero essere appagati anche soltanto con la spiegazione che a volte i paesi combattono tra loro. È più probabile che i bambini più grandi sappiano cosa significhi la guerra, ma possano comunque trarre sostegno dal parlare con un adulto della situazione. I bambini più grandi sono più preoccupati dalla guerra perché tendono a comprenderne i pericoli.

I bambini non dovrebbero sentirsi giudicati e hanno bisogno di sentire che le loro preoccupazioni vengono prese in considerazione. Se i bambini hanno la possibilità di avere una conversazione aperta e onesta su cose che li turbano, possono sentirsi sollevati e più sicuri.

RASSICURALI CHE GLI ADULTI DI TUTTO IL MONDO STANNO LAVORANDO DURAMENTE PER RISOLVERE QUESTO PROBLEMA – Ricorda ai bambini che non è loro compito risolvere questo problema. Non dovrebbero sentirsi in colpa di continuare a giocare, d’incontrare i loro amici o di fare cose che li rendono felici. Mantieni la calma quando ti approcci alla conversazione. I bambini spesso copiano i sentimenti dei loro caregiver.

OFFRI LORO UN MODO PRATICO PER AIUTARLI – Sostieni i bambini che vogliono dare una mano. I bambini che hanno l’opportunità di aiutare le persone colpite dal conflitto possono sentirsi parte della soluzione. 

CREARE DEI MOMENTI IN CUI SI ANALIZZANO INSIEME LE NOTIZIE – Soprattutto, lasciare spazio alle loro domande.

SUGGERIRE LIBRI DA LEGGERE SUL TEMA DELLA GUERRA E DELLA PACE – Le letture tematiche possono aiutarci ad affrontare questioni delicate soprattutto con i più piccoli.

DARE SPAZIO ALLE TESTIMONIANZE DEI COETANEI – Le storie personali hanno sempre un grande impatto sugli adulti così come sui bambini e possono servire anche a comprendere meglio la situazione, sfruttando l’empatia e l’immedesimazione. 

UTILIZZARE UNA STORIA O UN LIBRO ILLUSTRATO – Per parlare di un tema così delicato ai più piccoli, può essere di grande aiuto partire da una storia pensata e creata proprio per loro. E, perché no, anche usare una storia scritta dai bambini stessi.

Pandemia e salute mentale di bambini e adolescenti

Ho incontrato la dottoressa Marilena Mangiardi, medico specialista Neurologo presso reparto Stroke Unit Ospedale San Camillo- Forlanini Roma, abbiamo affrontato un tema rilevante in questo periodo di pandemia che interessa, ahimè, bambini e adolescenti. La salute mentale, infatti, è un delicato ed importante problema che interessa un numero rilevante dei nostri ragazzi , argomento di cui le Istituzioni dovrebbero occuparsi.

Per meglio comprendere lo stato delle cose ho posto alcune domande alla dottoressa Mangiardi, fonte autorevole e certa per trattare questo problema.

1) IN CHE MODO LA PANDEMIA DA SARS-COV-19 HA IMPATTATO SULLA SALUTE MENTALE DI BAMBINI ED ADOLESCENTI NEL MONDO?

Nel mondo la popolazione compresa tra i 10 ed i 19 anni, costituisce circa il 28% della popolazione generale, e secondo gli studi scientifici, sembrerebbe essere la fascia di età maggiormente colpita da disturbi piscologici relativi alla pandemia.

Infatti, le modalità di prevenzione applicate nel mondo per contrastare la diffusione dell’infezione da Sars-Cov 19, quali isolamento e distanziamento sociale, continuano ad avere effetti negativi anche a lungo termine, nei bambini e negli adolescenti, rispetto alla popolazione adulta. In particolare, queste circostanze, hanno generato ansia, stress e senso di abbandono ed impotenza.

Le cause di questo impatto possono avere molteplici spiegazioni: maggiore vulnerabilità nell’età dello sviluppo; presenza di “bisogni speciali”, condizione di alterata salute mentale pre-esistente, condizioni economiche e familiari sfavorevoli .

2) QUALE E’ STATO L’IMPATTO DELLA PANDEMIA SULL’APPRENDIMENTO SCOLASTICO IN BAMBINI ED ADOLESCENTI?

Purtroppo, la chiusura delle scuole e delle università, a livello nazionale ed internazionale, ha influenzato negativamente il processo educativo e di apprendimento di circa il 90% degli studenti.

Il loro confinamento a casa, ha incrementato il senso di ansia ed incertezza riguardo al futuro, attribuibile alla frammentazione educativa ed alla assenza di opportunità di socializzazione e di attività ricreative.

Alcuni bambini hanno manifestato una ridotta affettività ed una maggiore dipendenza dalle figure genitoriali, a causa della ridotta interazione sociale in ambiente scolastico. Inoltre, per alcuni ragazzi la riapertura delle scuole dopo lunghi periodi di “lockdown” è stata vissuta come un evento negativo in quanto presentavano difficoltà a ristabilire rapporti sociali “face to face” sia con gli insegnanti che con i loro coetanei.

Infine, queste misure di distanziamento sociale  hanno incrementato l’utilizzo compulsivo di internet e social media, con accesso non controllato, tale da rendere bambini ed adolescenti maggiormente vulnerabili e vittime di bullismo e/o abuso.

3) QUALI LE CONSEGUENZE DELLA PANDEMIA SU BAMBINI CON BISOGNI SPECIALI?

Circa un bambino su sei, di età compresa tra i 2 e gli 8 anni, presenta “bisogni speciali” (autismo, disturbo dell’attenzione e/o dell’apprendimento, paralisi cerebrali, disabilità mentali e/o fisiche).

Questa popolazione speciale, ha maggiormente risentito dell’impatto negativo della pandemia ed i loro disturbi si sono aggravati a causa delle restrizioni e dell’ambiente sociale sfavorevole (unfriendly) che contrastava con la loro precedente routine. La chiusura di centri dedicati, la mancata accessibilità a risorse materiali e umane, la impossibilità di comprendere la pandemia, hanno comportato una regressione sociale e ricaduta dei sintomi, con conseguente conflitto tra genitori e figli.

4) QUALI SINTOMI NEUROPSICOLOGICI HANNO MANIFESTATO PIU’ FREQUENTEMENTE BAMBINI ED ADOLESCENTI IN CORSO DI PANDEMIA?

Vari studi scientifici condotti su una popolazione pediatrica di età compresa tra 3 e 18 anni, hanno dimostrato come la pandemia abbia favorito la comparsa di vari sintomi neuropsicologici.

In particolare si è osservato un aumento della irritabilità, maggiore difficoltà attentiva, disturbi del sonno con incubi frequenti, apatia, svogliatezza, scarso appetito.

Basandosi su questionari compilati dai genitori, è emerso che i bambini manifestavano maggiore senso di insicurezza, si sentivano impauriti ed in alcune circostanze, abbandonati.

Perché è importante vaccinare i bambini

Dopo gli adulti e gli adolescenti è la volta dei bambini. L’EMA ha ufficialmente approvato Comirnaty  il vaccino a mRNA di Pfizer-BioNTech utile nella prevenzione di Covid-19- per la fascia di età 5-11 anni. 

La vaccinazione nei più piccoli si è dimostrata estremamente sicura ed efficace. Il vantaggio della vaccinazione nei più piccoli è duplice: da un lato si evita la malattia -sviluppare Covid-19 è estremamente più rischioso della vaccinazione- dall’altro evitare nuovi casi nei più piccoli genererà a cascata effetti positivi sul resto della popolazione.

A differenza di quanto accaduto inizialmente, dove i nuovi contagi nei bambini rappresentavano una percentuale estremamente bassa, oggi a causa delle mutazioni accumulate nel tempo Sars-Cov-2 colpisce indistintamente adulti e bambini. Due dati su tutti: negli Stati Uniti il 25% dei nuovi casi riguarda la fascia di età 5-11 anni; nel nostro Paese da un confronto con i dati pubblicati dall’Istituto Superiore si Sanità il 25 agosto, emerge che in poco più di due mesi, l’incidenza più elevata di nuovi casi si è registrata nella fascia di età sotto i 12 anni, ovvero nella popolazione non ancora vaccinabile. Affermare dunque che Covid-19 è una malattia che non colpisce i bambini è totalmente infondato.

Che i bambini superino la malattia con maggiore successo rispetto alle fasce di popolazione anziana è  un dato di fatto. Attenzione però a non confondere il messaggio. Come spiegano Jeffrey S. Gerber (professore di pediatria ed epidemiologia presso la University of Pennsylvania Perelman School of Medicine) e Paul A. Offit (direttore del “Vaccine Education Center” presso il Children’s Hospital di Philadelphia) in un editoriale apparso su Science, «negli Stati Uniti per Covid-19 sono già morti 700 bambini. Sars-Cov-2 è entrato nella lista delle prime dieci cause di morte in età pediatrica. Nessun bambino è invece deceduto per la vaccinazione».

Fungendo , inoltre , da veicolo del contagio i bambini possono mettere in pericolo gli adulti con cui vivono. Da vaccinati le probabilità di infettarsi sono inferiori e dunque nell’economia della circolazione del virus, che ricordiamo circola meglio laddove non trova ostacoli, ovvero tra i non vaccinati- la vaccinazione in questa fascia di età contribuirà a tenere sotto controllo ulteriormente la pandemia. 

Ma un altro motivo che dovrebbe far propendere per la vaccinazione nei bambini riguarda, più in generale, la storia delle malattie infettive. I numeri ci dicono che anche se è vero che la maggior parte dei bambini sperimenta una malattia asintomatica o lieve, alcuni si ammaleranno e un piccolo numero andrà incontro a decesso. Ad oggi i bambini vengono vaccinati, ad esempio, per l’ influenza, la meningite, la varicella , il morbillo la parotite e la rosolia . Nessuna di queste malattie, ancor prima della disponibilità delle vaccinazioni, ha causato ogni anno il numero di decessi che invece ha portato Sars-Cov-2 da inizio pandemia. Partendo da questo presupposto, «non vaccinare un bambino per il nuovo coronavirus  -concludono gli esperti nell’editoriale su Science- non è affatto una scelta esente da rischi. Al contrario è una scelta che implica la decisione di esporsi ad un rischio maggiore rispetto a ciò che può accadere con la vaccinazione.

(da Fondazione Veronesi)

Come si elegge il Presidente della Repubblica

La procedura per l’ elezione del presidente della repubblica è particolarmente complessa, perché esso rappresenta la massima carica istituzionale dell ‘Italia.

In base all’ articolo 87 della Costituzione infatti, il capo dello stato viene eletto dal parlamento in seduta comune a cui si aggiungono 3 delegati per ogni regione, fatta eccezione per la Valle d’Aosta che ne esprime uno solo.

Lo stesso articolo della costituzione stabilisce che il voto sia segreto e che il nuovo presidente sia eletto con una maggioranza qualificata dei due terzi dell’assemblea. Se tale maggioranza non viene raggiunta, si procede ad una nuova votazione. Dopo i primi tre scrutini se ancora non si riesce ad eleggere un candidato, diventa sufficiente la maggioranza assoluta, ovvero la metà più uno dei votanti.

Allo spoglio procede il presidente della Camera dei Deputati che da lettura di tutte le schede tranne quelle identificabili come nulle. Per prassi si considerano “dispersi” i voti ai quei candidati che raccolgano un numero di preferenze inferiore a due.

La seduta per l’elezione del presidente della repubblica è unica, ciò significa che finché non viene eletto il successore al Quirinale l’assemblea non si scioglie.

Cos’è il Semestre Bianco?

Per il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è iniziato il semestre bianco.

Il semestre bianco per Mattarella scatta dal 3 agosto 2021, fino alla scadenza naturale del suo mandato settennale e cioè gennaio 2022.

Ciò significa che negli ultimi sei mesi del suo mandato, che dura sette anni, il presidente della Repubblica non può sciogliere anticipatamente le Camere. Lo stabilisce l’articolo 88 della Costituzione: “Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura”.

Il potere di scioglimento delle Camere è infatti uno dei poteri più forti del Capo dello Stato, che non può esercitarlo negli ultimi sei mesi prima di cessare il suo mandato.

I padri costituenti temevano che un Presidente autoritario avrebbe potuto sciogliere le Camere per farne eleggere di più compiacenti e sperare in un secondo mandato.

Nel 1991, per evitare quello che fu definito un “ingorgo istituzionale” per la coincidenza della fine della legislatura con la fine del mandato presidenziale di Francesco Cossiga, si modificò l’articolo 88, aggiungendo all’ultima frase le parole “salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi”.

I poteri del capo dello Stato non sono però dimezzati: restano immutati i poteri di nomina, di firma, di rinvio delle leggi, come la prerogativa di inviare messaggi al Paese. Oltre alla moral suasion per evitare ribaltoni dei partiti.

Due gli assi nella manica: in primis il capo dello Stato può mantenere l’eventuale esecutivo dimissionario in carica per l’ordinaria amministrazione. Inoltre il presidente della Repubblica ha l’arma finale delle dimissioni. In questo caso lo scioglimento delle Camere spetterebbe al successore.

Cos’è il reddito di maternità

Dopo il reddito di cittadinanza ecco il reddito di maternità .
Di cosa si tratta?
Di 1000 euro al mese per le donne che scelgono di fare le mamme a tempo pieno. Una proposta di legge di iniziativa popolare proposta dal coordinatore nazionale del Popolo della Famiglia, Mirko De Carli.
Per la proposta sono state raccolte circa 50mila firme che saranno depositate in Parlamento.
Si tratterebbe di una somma mensile che durerebbe otto anni e che ripartirebbe  alla nascita di ogni figlio.
Dal quarto figlio, poi, o con la presenza di disabilitá lo stesso diventerebbe un vitalizio. Il costo di questa misura è stimato circa tre miliardi ogni anno e troverebbe spazio nel fondo del Consiglio delle pari opportunità del triennio 2020-2022.
Ma tra l’annunciare ed il fare c’è di mezzo l’immensitá.
Io resto perciò dubbiosa e non solo sull’effettiva realizzazione della misura.
Perché se da un lato è vero e giusto che se una donna sceglie liberamente di voler fare solo la madre nella vita lo Stato deve necessariamente aiutarla concretamente , ma dall’altro quando una donna decide di essere madre e non rinunciare alla propria carriera deve altresì poter contare sull’ausilio di un welfare moderno e strutturato come già avviene in altri Paesi europei, come ad esempio in Francia.
Per cui, va benissimo il reddito di maternità ma non basta, è troppo poco, è solo un piccolo tassello, un primo intervento che apre ad un cambiamento sostanziale su un tema importante, quello della maternità che va sostenuta e garantita . Ma un Paese civile e moderno deve anche doverosamente  garantire alle donne il diritto a lavorare senza rinunciare a costruire una famiglia.
L’italia necessita , da troppo tempo ormai, di un intervento strutturato rivolto alla maternità e alla famiglia, i bonus non servono a nulla.

Quando l’affido dei minori diventa un business

Di seguito pubblico una lettera di chi ha vissuto il percorso che solitamente si segue in Italia per chiedere l’affidamento di minori.

A voi le riflessioni.

” In seguito a cambiamenti familiari io e mio marito, con più tempo da dedicare, ci poniamo come progetto l’affido di uno o più minori. Ci sottoponiamo alle valutazioni di rito: quella da parte dei consulenti del Tribunale di competenza, consultorio del territorio, altri consultori con altri colloqui psicodiagnostici, valutazioni da parte di diversi team di specialisti del settore (psicologi, assistenti sociali, operatori), tutti ci vivisezionano accuratamente (e noi apriamo volentieri il nostro vissuto, più e più volte), ci affidiamo a consiglieri comunali, a segretari e impiegati nei vari ruoli. Fiduciosi, maciniamo chilometri e tempo da dedicare agli esami delle nostre persone”.

“Ogni relazione ci ha descritto come risorsa, adeguati al ruolo di affidatari. Seguiamo incontri sul tema per quasi 3 anni. Se risulta necessario ripetiamo con nuovi visi tutti i test e gli ormai dolorosissimi  colloqui… Ancora corsi di formazione, ancora incontri organizzati dal Comune tal dei tali. E poi la valutazione presso altri Tribunali di province vicine (con documenti, appuntamenti). Poi la conoscenza delle Comunità dove sono ospitati tantissimi ragazzi (una vera sorpresa scoprirne il numero…) storie immense per gravità e varietà”.

“Ogni Comunità ospitante viene organizzata (con spese a carico del Comune di appartenenza) con tantissime figure: educatori, psicologi, assistenti sociali. Tantissima gente ruota attorno ad ogni sede, non sono mai riuscita a identificare tutti i componenti dedicati alle strutture, ne spuntavano sempre di altri. Abbiamo avuto la possibilità di avvicinare un ospite di una comunità e ci siamo resi conto che la persona in questione non era stata mai ascoltata, i suoi desideri, le sue capacità non erano minimamente note agli operatori che ne avevano cura, nonostante i tanti, tanti anni di vita trascorsi in struttura”.

“Come se tutto questo vorticoso ruotare intorno ai minori non fosse finalizzato a renderli consapevoli, a favorirne le autonomie e la crescita attraverso l’ospitalità di ambienti familiari adeguati…. ma anzi a perpetuarne lo stazionare in tali luoghi. E ancora.. nuovi corsi di formazione finanziati pubblicamente, per riflettere… Ma i ragazzi in questi infiniti tempi, rimangono lì, inascoltati, lontani da un ambiente ospitante che potrebbe dar loro calore e relazioni, utili a riconquistare un minimo di serenità (a costo zero per lo Stato)”.

“Per le pratiche di adozione è giusto che le situazioni siano approfondite e analizzate profondamente… ma per una richiesta di affido, che ha il fine di ospitare minori appartenenti a famiglie in difficoltà, 3 anni trascorsi solo in spietate valutazioni senza potersi mettere in gioco, sono incomprensibili o forse no, visto il business istituito”.

Donne a casa e uomini al lavoro???!!!

E’ il solito bicchiere pieno a metà.

Il 48% degli italiani rimane convinto che siano gli uomini a dover portare a casa lo stipendio, mentre alle donne tocchi occuparsi della famiglia.

L’altro 52% pensa che questo schema sia superato. Lo dice un’indagine Nielsen sulla divisione dei compiti all’interno delle coppie. La tentazione di vedere il bicchiere mezzo vuoto è forte. Anche perché gli altri dati non rincuorano.

E il fatto che nei trenta Paesi al mondo in cui è stata condotta la rilevazione addirittura il 58% degli intervistati ritenga che le donne debbano concentrarsi sul lavoro di cura non è una consolazione. Anche perché (continua la ricerca) nel 44% delle famiglie italiane sono sempre le donne a cucinare e a farsi carico del lavoro domestico. Mentre i maschi con l’esclusiva della gestione della casa sono l’8%. Quanto rilevato da Nielsen è in linea con l’ultima indagine Istat sull’argomento, datata 2013. Il tempo sembra essersi fermato ai vecchi equilibri di una divisione del lavoro che penalizza le donne. Ma a conti fatti danneggia anche gli uomini, le famiglie e il Paese. Queste donne inchiodate ai compiti domestici gratuiti non lavorano retribuite fuori casa. Il «record» del 49% di tasso di occupazione femminile registrato dall’Istat è segno che qualcosa si muove. Ma restiamo fanalino di coda in Europa. L’appello alla necessità di cambiare perché vantaggioso sul piano economico è stato più volte riproposto. Ma per accelerare un cambiamento culturale non bastano argomenti improntati a razionalità e convenienza. La questione attiene agli equilibri interni delle coppie. Equilibri che hanno qualcosa di malato, visto lo stillicidio di violenze sulle donne. La relazione tra violenza domestica e sperequazione nella divisione «privata» del lavoro di cura meriterebbe a questo punto una seria riflessione.

(Rita Querzè per Corriere della Sera)

Andiamo a votare!

I dati istat ci dicono che

la partecipazione politica dei cittadini è da tempo in calo: soltanto il 4,3% delle persone di 14 anni e più ha partecipato a cortei e appena lo 0,8% ha svolto attività gratuita per un partito.

Una quota considerevolmente più ampia della popolazione, anch’essa però in calo rispetto al 2015, partecipa in modo indiretto mentre uno su quattro non si informa mai di politica.

Al di là dei numeri, quanta sfiducia c’è oggi verso la politica in Italia?

Quanta gente non ci crede più?

Quanto astensionismo c’è e quanto ancora ce ne dovremmo aspettare?

Ahimè, un’unica risposta vale: molto, moltissimo. E tutto è comprensibile, per carità.

Ma dobbiamo fare un ulteriore sforzo, dobbiamo superare questa amarezza: dobbiamo andare a votare il prossimo 4 marzo. E dobbiamo farlo soprattutto per i nostri figli e il loro futuro.

La democrazia ci ha regalato il diritto al voto, la possibilità di scegliere, di decidere e noi questo diritto dobbiamo esercitarlo con forza, senza tentennamenti, perché a noi spetta davvero determinare le sorti del nostro Paese.

Cercate un partito, una coalizione, scegliete un programma, ascoltate un candidato, raccogliete le vostre idee e bisogni e consegnatele nelle mani di chi può rappresentarvi, di chi sentite più vicino, di chi reputate capace.

Fate la scelta che più ritenete giusta, ma fatene una. Non lasciate che gli altri scelgano per voi.

Nel mio blog, rivolgendomi soprattutto alle madri e quindi alle famiglie, analizzo da tempo i bisogni e gli ambiti di intervento della politica in questo importante, forse il più importante, ambito della nostra società.

Tante volte ho detto , con grande dispiacere, che l’Italia non è un Paese per mamme. Che tante, troppe difficoltà ci sono oggi per decidere di diventare madre e per poi affrontare la maternità serenamente e dignitosamente. Che il sistema di welfare esistente è inefficace e non garantisce concreti aiuti alle famiglie. Che la politica non si sia mai veramente interessata a risolvere le grandi difficoltà del doppio ruolo della donna: madre e lavoratrice.

Allora capirete che quello che chiedo io oggi a chi è candidato e a chi si appresta a governare l’Italia è una cosa su tutte, prima di tutte: occupatevi delle famiglie italiane come prima emergenza, solo così si recupererà la speranza, la voglia di futuro e di credere ancora che la politica è la più alta forma di carità cristiana.

Perché così deve essere.