Non ho mai sentito una frase così bella da nessun politico, ne uomo, ne donna, ne di sinistra, ne di destra: “non voglio rinunciare a mia figlia se dovessi diventare premier”.Sentirlo dalla voce di una donna, di una mamma ha un valore immenso, è la dimostrazione massima che una madre può non rinunciare alla sua carriera, nemmeno quando rappresenta un Paese, perché si può fare e si deve fare.Quante volte mi sono affannata a dire e scrivere che l’Italia non…
Caro Presidente le scrivo
Caro Presidente Mattarella,
Si caro, perché Lei è entrato a far parte delle nostre vite ed è diventato un punto di riferimento per le nostre famiglie. È così, da figlia voglio confidarmi, voglio raccontare la mia amarezza per questa Italia che non è un Paese per le famiglie, in particolare maniera in questo periodo così difficile caratterizzato ancora, ahimè, dal COVID.
Le racconto la storia di una famiglia, di due genitori e due bambini che in una grande città non possono contare sull’aiuto di nessuno se non della scuola nelle ore di lezione. Un giorno capita che un figlio ha un problema di salute, la mattina alle 9 deve essere in ospedale per una visita. Ad accompagnarlo sarà il papà che prende un permesso da lavoro, mentre la mamma accompagna l’altra figlia a scuola alle otto e trenta, partecipa alla call a cui non può proprio mancare perché è una libera professionista e se non lavora non guadagna e i soldi servono, ne servono tanti.
La mamma appena finita la prima call della mattina, in una giornata di allerta meteo rossa, dandosi appuntamento all’ufficio del papà che nel frattempo è arrivato verso le 10,30 corre a prendere il piccolo che ha le pupille dilatate e non può rientrare a scuola.
La mamma entra nell’ufficio del papà, trova il piccolo paziente ma annoiato seduto in un angolo ad attendere, mentre il papà è in pieno ritmo lavorativo. Questo papà sarebbe anche potuto tornare a casa ma per senso del dovere ha scelto di lavorare. La mamma prende il figlio intorno alle 11 e ritorna a casa a lavorare in regime di smartworking perché il bambino non può stare a casa da solo. Il piccolo sarà rimasto sul posto di lavoro del papà all’incirca 50 minuti, senza dare fastidio, seduto su una sedia in attesa di andare via, tornare a casa, chiudere gli occhi e farli riposare dopo la visita subita.
Caro Presidente, dopo l’affanno di questa giornata, sa cos’è successo?
Il papà riceve una serie di mail di rimprovero per avere fatto accedere agli uffici (pubblici, si tratta di pubblica amministrazione) un bambino, anche se non esiste regolamento alcuno in questo ente sull’ingresso di bambini, per cui tantomeno non è previsto un diniego.
Capisce Presidente cosa subisce questo popolo? L’Italia, il Paese dei grandi eroi è rappresentato da chi gestisce la cosa pubblica così. Allora quando sento parlare di welfare, di aiuti alle famiglie, di politiche sociali comprenderà che mi pervade un senso profondo di sfiducia nelle istituzioni, mi rattrista e mi delude fortemente. Mi sento ancora peggio quando tali situazioni mi mettono difronte anche al lato umano di chi neanche per un attimo applica la regola del buonsenso , non parlo di sensibilità o carità umana perché sarebbe chiedere troppo.
Caro Presidente, io le chiedo a nome di tutte le famiglie italiane di intervenire nel merito dell’etica delle pubbliche amministrazioni, perché si rispetti il diritto a voler essere genitore, a prendersi cura dei propri figli continuando ad avere la garanzia di un lavoro.
Un figlio lo ami e basta
L’amore per un figlio riesce a superare tutto, spacca le montagne, apre il mondo e ti sostiene anche quando le tue gambe sono talmente deboli da fare fatica a stare in piedi, anche quando ti inquieta, ti delude.
Un figlio lo ami, lo ami e basta,nonostante tutto, tu lo ami sempre.
In questo momento che la mia maternità sta mettendo a dura prova il mio fisico, la mia pazienza e il mio umore, è successo e non per un caso ne sono certa, che mi sono imbattuta in uno scritto che sembra il mio, che racconta la verità di tutto e ti dice : vai avanti, sei in possesso dell’amore infinito, la gioia che provi e’ una retta parallela a quella delle difficoltà, la tenerezza che accoglie lo sguardo di tuo figlio non ha termine di paragone in null’altro. Lui è tutto e tu lo ami e basta, nient’altro.
Grazie a Penny e alle sue parole di mamma:
“ Anche quando è un casino.
Quando sbaglia o fa di testa sua.
È parte di te. Come fosse un braccio, una gamba, il cuore tutto.
Lo ami dentro alla pancia e prima ancora nei desideri. Lo ami quando vive laggiù, da qualche parte nel mondo, e non sai chi sarà e se ti vorrà bene.
Lo ami quando non dorme la notte e chiama. Quando sta male, ed è così cucciolo da riuscire a prenderlo tutto.
Quando ha le gambe corte, e traballa.
Quando si ferma e ti dice:”In braccio”. In fondo, lo sai, sarà per una vita.
Quando fa i castelli di sabbia e poi li distrugge.
Quando vuole aver ragione a tutti i costi. Fa i capricci e vorresti sprofondare.
Quando lascia i calzini per terra. Le maglie alla rovescia e ti dice: non rompere, sei una palla, non voglio essere come te. Anche allora lo ami.
Quando gioca a fare il grande e capisci che è ancora piccolo, più di quanto immaginavi.
Quando non ti vuole. E non sa chiedere scusa. Ed è così confuso che confonde anche te.
Quando ti cerca e poi va lontano. Neppure sai dove.
Quando si perde per selve oscure e non sa ritornare.
Quando ti delude, non sai più chi è. E vorresti odiarlo ma non puoi.
Quando si dimentica di te e ti considera cosa sua. Così scontata che nemmeno ti vede.
Quando è vergogna. E distrugge.
Quando ti richiede presenza e vorresti essere altrove. Quando il suo cuore non è più tuo, ma spazio d’altri.
Quando non sa cosa fare di se stesso né di quello che siete stati insieme. E butta via tutto. Persino i ricordi.
Un figlio lo ami. Non c’è verso.
Lo ami. E basta.
Di un amore sincero.
Che sconfina i confini.
E non possiede ragione.
Un figlio lo ami.
Lo ami e basta.
Se non pretendi che sia come te”.

La vita cambia in un attimo, senza avvisare
La vita può cambiare in un attimo, ti può distruggere in un attimo, senza avvisare. Anche ad una madre felice di 4 bambini in una giornata di vacanza.
Oggi vi racconto una storia che ci invita a riflettere sul senso delle cose, tutte, su quanto tutto sia effimero, inafferrabile, precario il nostro modo di vivere per quanto progettato, sperato e amato, amatissimo.
La vita un giro ti dice che sei bello, felice ed in salute, il giorno dopo può annientarti.
Perciò quello che vale è vivere i nostri giorni, uno per uno, al massimo di quello che possiamo. Oggi, perché domani potrebbe essere tardi.
Questo è quello che ci racconta Victoria:
“ La mia è la storia di una vita perfetta distrutta in una frazione di secondo. È una storia che dimostra chiaramente che nessuno di noi può sapere cosa ci aspetta dietro l’angolo e che dobbiamo vivere il presente ed essere grati per ciò che abbiamo.
Il 5 maggio 2013 era iniziato come un giorno qualsiasi. Io, mio marito e i nostri quattro figli ci trovavamo nella nostra abitazione estiva nella Cornovaglia del Nord, per un weekend di festa. E che weekend ci aspettava! Il tempo era magnifico. Dopo una mattinata trascorsa a passeggiare sulla spiaggia, costruire castelli di sabbia e sguazzare in mare, decidemmo di prendere il nostro motoscafo, un RIB, e passammo un pomeriggio favoloso dedicandoci un picnic lungo lo splendido estuario del fiume Camel. Era il primo giro in barca dell’anno ed eravamo tutti di buonumore: si sentivano le nostre risate e le nostre grida mentre cavalcavamo quelle onde agitate. Fu solo mentre facevamo ritorno al nostro attracco che accadde il disastro.
Non volendo che la giornata finisse, uno dei bambini pronunciò urlando le parole fatali “Torniamo indietro!”. Fu una combinazione di fattori: curvammo in modo esagerato e senza indossare il cordino di sicurezza. Ci ritrovammo tutti e sei scagliati in mare aperto, dritti nell’acqua gelida mentre la barca fuori controllo si allontanava a forte velocità. Nell’acqua non riuscivo a capire dove fossero tutti gli altri, potevo solo sentire il mio bimbo di quattro anni gridare: “Basta acqua fredda, mammina, basta!”.
Il mio istinto materno entrò in gioco facendomi nuotare verso di lui. Pensavo che avrei potuto trascinarlo alla spiaggia più vicina, lontano dal pericolo. Il timone era stato bloccato, perciò l’imbarcazione continuava a girarci intorno a tutta velocità, colpendoci. Riuscivo a sentire il ruggito del motore alle nostre spalle e, mentre ci guardavamo intorno per capire dove fosse, lo scafo mi colpì con forza il petto e le eliche tagliarono la mia gamba sinistra e quella destra di Kit. Persi la gamba dal ginocchio in giù e pensai che a Kit fosse successa la stessa cosa perché vedevo la sua scarpetta galleggiare in superficie. Ci sono volute più di 12 operazioni e nove mesi indossando una pesante struttura metallica, ma la sua gamba è stata salvata.
Incredibilmente, le mie due figlie riportarono solo lievi ferite fisiche ma quelle mentali sono state enormi a causa del trauma subìto in età ancora molto giovane. Fu la RNLI a soccorrerci (Royal National Lifeboat institution, la più grande organizzazione benefica per la sicurezza in mare, ndt), trasportandoci all’ospedale più vicino, nel Devon, su un elicottero dell’aeronautica militare. Sapevo che mio marito Nicko era stato ucciso perché avevo sentito mia figlia maggiore gridare in acqua: “Papà è morto, papà è morto” ma non sapevo nulla della piccola Emily. Pensavo semplicemente fosse su un altro elicottero, il mio cervello non riusciva a contemplare il pensiero che neanche lei ce l’avesse fatta. Solo più tardi, in ospedale, un poliziotto si avvicinò per darmi la notizia: Emily era morta.
La prima sensazione di un genitore in lutto è di totale annebbiamento, come se non stesse davvero accadendo a te. Ma alla fine questo momento di distacco e stordimento termina, lasciando il posto all’intenso dolore del lutto. Un dolore profondo, violento, straziante. Riesco a descriverlo solo in questo modo. Mi trafiggeva come una lama, che veniva tirata via dal mio corpo per lasciarmi riprendere fiato solo per colpire ancora. Ero pietrificata dalla mia sofferenza, come se nessuno fosse davvero in grado di gestire una perdita simile. Come avrei potuto vivere senza Nicko ed Emily? La verità è che il tempo non si ferma.
Guardavo l’orologio appeso al muro dell’ospedale, incapace di credere che i secondi scorressero ancora. Com’era possibile che il tempo continuasse ad andare avanti? I miei cari erano morti!.
Non esiste una strategia segreta per superare il lutto, non c’è una scorciatoia per passare dall’altra parte evitando il dolore, devi affrontare tutte queste sensazioni per guarire. Elaborare il lutto ci rende capaci di ricostruire la nostra fiducia nella vita e concederci l’opportunità di un futuro stabile e felice. È grazie alla combinazione tra forza interiore, potente istinto materno, amore di familiari e amici e sostegno da parte dell’associazione benefica Child Bereavement UK se sono ancora qui oggi, circa tre anni dopo.
E sopravvivo. Non solo sto sopravvivendo ma sto anche reimparando a vivere, nella mia nuova normalità. Ero determinata, i miei tre figli non avrebbero perso anche me. Sono ancora così giovani ma hanno già perso tantissime cose ed io non sarei stata tra queste. Dovevo trovare la forza per essere entrambi i genitori ed assicurare loro una vita dignitosa. Una vita mutilata ma pur sempre felice.
Nei primi tempi il dolore mi terrorizzava. Avevo paura di non riuscire a farcela, sarei crollata sul pavimento in una pozza di pura sofferenza. Fissai pochi, raggiungibili obiettivi per quei primi giorni come scendere dal letto e vestirmi, un’enorme conquista. Poi gli obiettivi iniziarono a cambiare: sarei sopravvissuta fino alla fine della giornata, poi fino alla completa guarigione di Kit. Dopo mi sarei lasciata andare. Ma non accadde. Continuavo a lottare, scoprendo che il nostro corpo ha un impressionante istinto di conservazione. Ti fa provare giusto il dolore che riesci a sopportare e poi ti lascia in pace, consentendoti di prepararti alla fase successiva.
Ero decisa. Non avrei lasciato che la perdita di un arto definisse chi fossi. Così i miei traguardi si sono spostati sul piano fisico, dimostrandomi che posso ancora vivere al massimo nonostante la disabilità. Ho imparato a sciare di nuovo, a giocare a tennis ed a correre. Ora partecipo a regolari maratone di dieci chilometri e la mia sfida più recente è una gara di Triathlon Sprint a luglio. Non posso sapere se sarò in grado di completarla, ma non ho quella paura del fallimento che sentivo prima dell’incidente.
Prima ero una vera perfezionista, non accettavo il rischio di una nuova sfida per timore di non essere abbastanza e di non affrontarla al meglio. Ora so che sono fortunata ad essere ancora qui e che la vita è fatta per vivere e sfidare noi stessi, perché saremo ripagati con un’immensa sensazione di orgoglio e autostima che trascende la nostra stessa esistenza. Ora mi sento invincibile. Se posso correre una dieci chilometri allora posso superare qualsiasi ostacolo la vita mi metta davanti.
Ritrovarmi così vicina alla morte ha fatto sì che mi spingessi al limite emotivamente e fisicamente. Voglio esortare tutti (che abbiate affrontato una grande sfida o meno) a spingervi fuori dalla vostra comfort zone, perché la ricompensa è enorme.
Visitate il mio sito www.victoriamilligan.co.uk per trarre ispirazione e consigli su come superare il lutto e la sofferenza”.
Victoria Milligan
Le parole pesano
Le parole pesano. E pesano ancora di più quando sono rivolte ai bambini. È necessario imparare ad usarle con la giusta misura e consapevolmente perché se usate erroneamente si trasformano in armi devastanti per l’autostima dei nostri bambini, specie se ci troviamo di fronte ad un figlio particolarmente sensibile o emotivo.
Per tale ragione oggi vi propongo un brano tratto “Intelligenza emotiva per un figlio. Una guida per i genitori” di John Gottman che certamente vi farà riflettere :
“ EVITATE LE CRITICHE ECCESSIVE, I COMMENTI UMILIANTI O SARCASTICI NEI CONFRONTI DI VOSTRO FIGLIO: La nostra ricerca dimostra chiaramente che un simile atteggiamento di disprezzo ha un effetto distruttivo per la comunicazione tra genitori e figli e per l’autostima dei figli. Negli esperimenti di laboratorio che abbiamo condotto con le famiglie, abbiamo visto i genitori assumere questo comportamento in diversi modi, uno dei quali è quello di ripetere alla lettera, in tono di scherno, i commenti dei figli. (Ad esempio il bambino potrebbe dire: «Non ricordo questa storia». «Non te la ricordi?» era la risposta dei genitori in tono di scherno.) Durante l’esercizio con i videogiochi, alcuni genitori erano troppo ansiosi per gli errori dei propri bambini, facevano notare loro ogni sbaglio e li soffocavano con una sequela ininterrotta di critiche. Altri si sostituivano ai figli nel gioco, dimostrando così di considerarli incapaci. Nelle interviste sulle emozioni dei propri figli, molti genitori ci dicevano di reagire ai capricci dei bambini in età prescolare con l’irrisione e lo sbeffeggiamento. Quando tre anni dopo verificammo la situazione di queste famiglie, trovammo che i figli, che erano stati trattati dai genitori in maniera irriguardosa e sprezzante, erano gli stessi ragazzi che sperimentavano le maggiori difficoltà nell’apprendimento scolastico e nelle amicizie. Questi ragazzi avevano i livelli più alti di ormoni collegati allo stress. Inoltre avevano maggiori problemi comportamentali, secondo quanto riferivano i loro insegnanti e, secondo le loro mamme, si ammalavano frequentemente. L’atteggiamento di scherno da parte dei genitori può essere osservato sia nella vita reale sia nelle esperienze di laboratorio. In ogni istante, genitori bene intenzionati sgretolano la fiducia in se stessi dei propri ragazzi, correggendo continuamente il loro modo di fare, deridendo i loro sbagli e immischiandosi senza bisogno anche quando i figli cercano di eseguire i compiti più semplici“.
Nutripiatto: per l’alimentazione corretta e bilanciata dei nostri figli
La scienza dimostra che i pilastri per una buona salute si costruiscono a tavola e dipendono dal cibo che mangiamo. È perciò fondamentale dare importanza ad una dieta varia ed equilibrata, che veda l’assunzione bilanciata dei differenti gruppi alimentari.
Non solo, seguire un’alimentazione sana è fondamentale per rafforzare il corpo, ma anche per fornire l’energia quotidiana indispensabile a fare funzionare bene l’organismo. Una giusta alimentazione è dunque determinante per uno sviluppo fisico sano, soprattutto durante l’infanzia e nelle fasi successive della vita.
Io sono una madre, per cui avverto la responsabilità di crescere i miei figli nella maniera migliore possibile. Necessariamente il mio impegno passa dalla tavola per assicurare loro un corretto regime alimentare che gli permetta, non solo, di crescere sani e forti, ma che gli dia anche un’educazione tale da far comprendere lorol’importanza di quello che mangiamo.
Si sa, non è sempre semplice riuscire a fare mangiare ad un bambino cibi salutari e nelle giuste quantità. Ho provato diverse volte a stimolare la loro curiosità attraverso il gioco ma, come tante di voi sapranno, non è sempre facile avvicinarli a nuovi gusti. Recentemente, un aiuto importante arriva da Nestlé con il geniale NUTRIPIATTO. E se ha funzionato con mio figlio che mai aveva mangiato una sola verdura in vita sua, sono sicura che funzionerà con qualunque bambino.


Ma andiamo per step, sapete di cosa si tratta?
Il NUTRIPIATTO è uno strumento di educazione alimentarerivolto ai bambini dai 4 ai 12 anni, che consiste in un piatto “intelligente” e una guida didattica. Il piatto indica le corrette porzioni dei gruppi alimentari che fanno parte dei due pasti principali, ovvero il pranzo e la cena.
La guida, invece, spiega come utilizzare Nutripiatto e offre consigli e idee per soddisfare i fabbisogni nutrizionali dei bambini, tenendo anche conto delle differenti fasce di età, e aiutare le famiglie a seguire uno stile alimentare sano, basato sul modello Mediterraneo. La guida, inoltre, è composta anche da capitoli specifici inerenti all’importanza di fare attività fisica e diavere una corretta idratazione.
Il Nutripiatto, come potete vedere dalle foto, essendo colorato e ben illustrato, stimola l’attenzione e la curiosità dei bambini che, attraverso il gioco, percepiscono l’importanza di un’alimentazione sana e bilanciata, diventando così i veri protagonisti in cucina.
Il progetto Nutripiatto fa parte di un più ampio progetto Nestlé, di respiro internazionale, denominato “Nestlé for Healthier Kids”.
“Nestlé da sempre si impegna ad aiutare genitori ed educatori nel fornire la corretta nutrizione ai bambini.” – afferma DesiréeGarofalo, Nutrizionista Nestlé – “Nutripiatto rientra infatti nel progetto internazionale Nestlé for Healthier Kids, che si pone l’ambizioso obiettivo di aiutare, entro il 2030, 50 milioni di bambini a vivere in modo più sano. E in un Paese come l’Italia, in cui una corretta nutrizione ha come alleato la dieta mediterranea, Nutripiatto ne sostiene ulteriormente i principi, focalizzandosi sulla corretta porzionatura di pasti e alimenti”.
In conclusione, sintetizzando, care mamme, questo è quello che dovete tenere a mente: Nestlé mette a disposizione dei genitori italiani Nutripiatto, un modo semplice e divertente per creare tutti insieme porzioni “a misura di bambino”, la base per un’alimentazione corretta fin dall’infanzia.• Il progetto si avvale del contributo scientifico dell’Università Campus Bio-Medico di Roma che, partendo da Nutripiatto, ha studiato una serie di ricette nutrizionalmente bilanciate e pensate per i bambini dai 4 ai 12 anni• L’obiettivo iniziale di Nestlé è di distribuire 500.000 kit Nutripiatto entro il 2020, raggiungendo così quasi il 15% delle famiglie in Italia con bambini in questa fascia di età.
Se vi ho incuriosito e volete saperne di più, visitate il sito www.nutripiatto.nestle.it, dove è possibile scaricare la guida, trovare approfondimenti, ricette consultabili liberamente erichiedere gratuitamente il kit Nutripiatto.
Complimenti a questa grande azienda che è stata in grado di pensare sensibilmente alla salute dei nostri bambini, trasmettendo loro concetti fondati su basi scientifiche ma resi fruibili grazie al gioco.
Le braccia materne fanno miracoli
L’ABBRACCIO della mamma può fare miracoli, anche ridurre la percezione del dolore nei bimbi.
Uno studio italiano, pubblicato su “Pediatrics” mostra che lasciare il bimbo tra le braccia materne durante un prelievo di sangue ha un’influenza positiva visibile anche nella corteccia cerebrale.
” I ricercatori dell’IRCCS Burlo Garofolo a Trieste, guidati da Sergio Demarini, hanno sottoposto 80 bambini sani appena nati a un esame del sangue tramite puntura del tallone. Prima di farlo li hanno però divisi in quattro gruppi assegnando a ogni gruppo un diverso tipo di sollievo dal dolore: acqua zuccherata mentre erano su un fasciatoio; latte materno in biberon mentre erano su un fasciatoio; acqua zuccherata mentre erano tenuti in braccio dalle loro madri; latte materno direttamente dal seno. I ricercatori hanno osservato le espressioni di dolore e anche usato un dispositivo non invasivo, la Spettroscopia nel vicino infrarosso (NIRS), per misurare i cambiamenti del livello di ossigeno nel loro cervello, come un modo per rilevare quali aree venivano attivate dal dolore. I diversi metodi erano associati a diverse risposte nel cervello.
Il fatto stesso di stare in grembo alla madre ha mostrato il più grande effetto analgesico, sia se combinata sia con acqua e zucchero che con l’allattamento al seno. Con l’acqua zuccherata, sembra esserci meno trasmissione del dolore nella corteccia cerebrale, rispetto al latte materno somministrato col biberon se i bimbi erano sul fasciatoio. L’acqua zuccherata, infine, si è dimostrata più efficace se somministrata mentre il bimbo era in braccio alla mamma.
Già in passato altre ricerche avevano messo in evidenza l’effetto positivo delle coccole sui neonati. Riducono lo stress e favoriscono il riposo, migliorando lo sviluppo neuro-comportamentale. Per questo, per la prima volta in Italia, sono state inserite tra le cure offerte, all’ospedale Maria Vittoria di Torino, ai neonati ricoverati in Terapia intensiva. L’iniziativa è dell’associazione ‘Le Coccole di Mamma Irene’, dal nome della giovane stroncata lo scorso anno da un aneurisma cerebrale mentre metteva al mondo la figlia, Emma Maria.
Creata dal marito e dalla sorella di Irene, l’associazione vuole prendersi cura di neonati e bambini ospedalizzati. Da novembre, dopo un corso di formazione, i volontari, regolamentati da apposita convenzione, si prenderanno cura dei piccoli ospiti del reparto, su indicazione medica, con una presenza fatta di calore e di coccole, di momenti di musica e lettura di favole.
Soprattutto, di vicinanza”.
Il “Salvabebè” è legge!
Il Senato ha approvato praticamente all’unanimità, con 261 sì, il disegno di legge che obbliga ad installare dei dispositivi di sicurezza nelle proprie automobili in presenza di un bambino per impedirne l’abbandono involontario.
Non c’è stato nessun voto contrario e un solo astenuto.
Già approvato alla Camera, il provvedimento diventa ora legge e porta il nome della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, sua prima firmataria.
Dal primo luglio 2019 le macchine con a bordo bambini di età inferiore ai quattro anni dovranno essere equipaggiate con un dispositivo elettronico, per segnalare in caso di bisogno la presenza del piccolo al suo interno. Così il Parlamento cerca di porre freno all’abbandono involontario, in auto, che negli ultimi anni ha colpito numerose famiglie, per colpa del cosiddetto vuoto di memoria dei genitori. E’ una patologia ben precisa, l’amnesia dissociativa, causata il più delle volte da stress. Oltre al mancato uso delle cinture di sicurezza e dei seggiolini per i bambini, il codice della strada, modificato con questo provvedimento, sanzionerà la mancanza di questo dispositivo di allarme. Le sanzioni andranno dagli 81 ai 326 euro, fino ad arrivare alla sospensione della patente dai 15 giorni ai due mesi in caso l’obbligo venga violato più di una volta nell’arco di due anni.
Per quanto riguarda le caratteristiche del sistema di allarme, il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si impegna a varare un decreto apposito entro sessanta giorni, e per sensibilizzare i genitori al nuovo obbligo annuncia una campagna di informazione finanziata con 80mila euro l’anno che andrà dal 2019 al 2021.
Sono previste infine anche agevolazioni fiscali, nel rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato, per acquistare i dispositivi di allarme.
(da Repubblica)
Madri in carcere
In Italia sono pochissime – «solo» poco più di 50 mamme con figli fino a 6 anni (su 2.551 donne detenute in Italia) secondo dati aggiornati a settembre 2018 (fonte Ristretti), al di sotto del 5% del totale. La detenzione se coincide con la maternità è un capitolo ancora più doloroso che può diventare choc quando il bimbo compie tre anni e secondo la legge il minore deve uscire. Sono numeri piccoli: nel 2014 i bambini detenuti con le loro madri erano 27, sebbene questo sia il numero più basso mai raggiunto dal 1975, non si è soddisfatto l’obiettivo del «mai più bambini in carcere» condiviso nella discussione parlamentare che ha preceduto l’ultima legge – dati reperibili nella sezione «statistiche» del sito del Ministero della Giustizia, al giorno 28 Febbraio 2015 -.
Una legge necessaria per non far ricadere sui figli le colpe delle madri, ma che ancora non è stata attuata. La legge 62/2011 per valorizzare il rapporto tra le madri in carcere e i loro figli ha disposto l’istituzione di «Istituti a custodia attenuata per detenute madri» (Icam) che permettono di scontare la pena in ambienti con un ruolo di comunità e che non siano un semplice nido. Attualmente però sono solo 5 gli Icam – Milano San Vittore (dove è stato avviato il primo progetto), Venezia Giudecca, Torino «Lorusso e Cutugno», Avellino Lauro e Cagliari – che, secondo la legge, possono ospitare mamme con bambini fino ai 6 anni in ambiente famigliare mentre, dove non esistono, i bimbi vengono reclusi nelle sezioni «nido» (in questo caso fino ai 3 anni) allestite presso le sezioni femminili dei penitenziari (Trani, Pozzuoli, Roma Rebibbia, Empoli).
Secondo i dati forniti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, le detenute madri con figli al seguito presenti nelle carceri italiane al 31 agosto 2018 erano 52, con 62 bambini (di cui 33 italiani e 29 stranieri). Presso gli Icam è garantita l’assistenza sanitaria attraverso il coinvolgimento della rete dei servizi materni infantili sanitari e territoriali e dei medici che operano nei penitenziari.
«Mamme e bimbi sono ristretti in 12 strutture penali, di cui 4 Icam (nella comunità del carcere di Cagliari al momento non sono presenti mamme con prole) mentre 8 sono ancora le vecchie sezioni nido nei reparti femminili -dice a Bruno Mellano, garante dei detenuti della Regione Piemonte. Purtroppo ancora una trentina di bimbi non hanno la possibilità di scontare la loro »pena forzata« con le mamme negli Icam, vivendo in condizioni che non rispettano i diritti dei fanciulli. La speranza è che in tutte le sezioni femminili delle carceri italiane vengano allestite comunità Icam come prevede la legge, per permettere a tutte le madri detenute di assicurare un’infanzia simile agli altri bambini».
L’amore materno fa miracoli
L’AMORE materno può aiutare il cervello dei bambini a svilupparsi del doppio, in particolare in alcune aree chiave come l’ippocampo, una sorta di ‘centralina’ della memoria e del senso dello spazio. Lo dimostra uno studio della Washington University, pubblicato online su Pnas,Proceedings of the National Academy of Sciences.
Lo studio. Gli studiosi hanno seguito 127 bambini da quando erano in procinto di iniziare la scuola fino alla prima adolescenza, con scansioni cerebrali. L’accudimento delle mamme nei confronti dei bimbi e’ stato misurato attraverso un’osservazione da vicino o videoregistrazioni. Esaminando le scansioni del cervello, i ricercatori hanno scoperto che i bambini le cui madri erano più di supporto rispetto alla media avevano un aumento della crescita dell’ippocampo, che era due volte più grande di quello dei coetanei a cui le madri offrivano un livello di supporto inferiore.
Funzioni emotive più sane. I ricercatori hanno anche riscontrato che la traiettoria di crescita nell’ippocampo è stata associata a funzioni emotive più sane quando i ragazzi sono entrati nell’adolescenza. “La relazione tra genitore e figlio nel periodo che precede la scuola è vitale- spiega Joan Luby, autrice dello studio-questo perché il cervello dei piccoli ha maggiore plasticità ed è influenzato maggiormente dalle esperienze nelle prime fasi della vita. Percio’ è importante che il bambino riceva supporto e accudimento”.
L’altra ricerca. Numerose ricerche hanno messo in evideza l’importanza del ruolo della mamma e delle sue decisioni nello sviluppo del figlio. Secondo molti studiosi, anche la decisione di allattare o meno potrebbe avere un ruolo nello sviluppo dei neonati.Una lunga ricerca epidemiologica svolta da Wieslaw Jedrychowski dell’università Jagiellonian di Cracovia, in Polonia, pubblicata sull’European Journal of Pediatrics, ha sostenuto che l’allattamento al seno aumenta il quoziente intellettivo (QI) dei bimbi. (V.P.)
(da Repubblica)