Caro Presidente Mattarella,
Si caro, perché Lei è entrato a far parte delle nostre vite ed è diventato un punto di riferimento per le nostre famiglie. È così, da figlia voglio confidarmi, voglio raccontare la mia amarezza per questa Italia che non è un Paese per le famiglie, in particolare maniera in questo periodo così difficile caratterizzato ancora, ahimè, dal COVID.
Le racconto la storia di una famiglia, di due genitori e due bambini che in una grande città non possono contare sull’aiuto di nessuno se non della scuola nelle ore di lezione. Un giorno capita che un figlio ha un problema di salute, la mattina alle 9 deve essere in ospedale per una visita. Ad accompagnarlo sarà il papà che prende un permesso da lavoro, mentre la mamma accompagna l’altra figlia a scuola alle otto e trenta, partecipa alla call a cui non può proprio mancare perché è una libera professionista e se non lavora non guadagna e i soldi servono, ne servono tanti.
La mamma appena finita la prima call della mattina, in una giornata di allerta meteo rossa, dandosi appuntamento all’ufficio del papà che nel frattempo è arrivato verso le 10,30 corre a prendere il piccolo che ha le pupille dilatate e non può rientrare a scuola.
La mamma entra nell’ufficio del papà, trova il piccolo paziente ma annoiato seduto in un angolo ad attendere, mentre il papà è in pieno ritmo lavorativo. Questo papà sarebbe anche potuto tornare a casa ma per senso del dovere ha scelto di lavorare. La mamma prende il figlio intorno alle 11 e ritorna a casa a lavorare in regime di smartworking perché il bambino non può stare a casa da solo. Il piccolo sarà rimasto sul posto di lavoro del papà all’incirca 50 minuti, senza dare fastidio, seduto su una sedia in attesa di andare via, tornare a casa, chiudere gli occhi e farli riposare dopo la visita subita.
Caro Presidente, dopo l’affanno di questa giornata, sa cos’è successo?
Il papà riceve una serie di mail di rimprovero per avere fatto accedere agli uffici (pubblici, si tratta di pubblica amministrazione) un bambino, anche se non esiste regolamento alcuno in questo ente sull’ingresso di bambini, per cui tantomeno non è previsto un diniego.
Capisce Presidente cosa subisce questo popolo? L’Italia, il Paese dei grandi eroi è rappresentato da chi gestisce la cosa pubblica così. Allora quando sento parlare di welfare, di aiuti alle famiglie, di politiche sociali comprenderà che mi pervade un senso profondo di sfiducia nelle istituzioni, mi rattrista e mi delude fortemente. Mi sento ancora peggio quando tali situazioni mi mettono difronte anche al lato umano di chi neanche per un attimo applica la regola del buonsenso , non parlo di sensibilità o carità umana perché sarebbe chiedere troppo.
Caro Presidente, io le chiedo a nome di tutte le famiglie italiane di intervenire nel merito dell’etica delle pubbliche amministrazioni, perché si rispetti il diritto a voler essere genitore, a prendersi cura dei propri figli continuando ad avere la garanzia di un lavoro.
Nessun commento