Io mi sento tanto una mamma digitale, una che usa la tecnologia e benedice chi l’ha inventata perché ci facilita la vita in tanti, tantissimi aspetti.
È così che non abbiamo più barriere, nè di spazio e nè di tempo, possiamo essere in un luogo senza essere presenti, siamo a conoscenza di tutto quello che ci serve sapere. Insomma, la comunicazione grazie alla tecnologia è davvero top.
Ma c’è una cosa, uno strumento della tecnologia che ahimè ci sfugge palesemente di mano: la chat whatsapp di classe.
Ammettiamolo mamme, da quando iniziamo a farne parte e a comprendere il meccanismo ci trasformiamo in messaggiatrici compulsive, l’inutile d’improvviso diventa indispensabile, ossessivamente mettiamo il becco su tutto, ma proprio tutto, nulla escluso.
La chat di whatsapp spessissimo diventa un vero e proprio tribunale online dove ognuno si fa giustizia da sè, per difendere i figli, contro l’organizzazione scolastica, arrivando ad essere persino offensivi e aggressivi.
Online si discute su tutto.
Il contatore delle notifiche impazzisce, si collezionano centinaia di foto e altrettanti commenti in un tripudio di cuori, farfalle, fiori, faccine e tutte le emoticon della tastiera.
Chi non è genitore non può comprendere le dinamiche che si creano e penserà senz’altro: ma queste cosa avranno mai da chiedere ?
Molte cose.
Quasi tutte inutili:
⁃ Che temperatura c’è?
⁃ Avete visto un bicchiere di plastica blu?
⁃ Che merenda avete dato oggi?
⁃ A pranzo è previsto pesce o carne?
Una richiesta compulsiva di rassicurazioni e aggiornamenti costanti.
E poi ancora: i compiti che sono sempre troppi, il regalo per le feste di classe, i regali di Natale alle maestre, il panico dei pidocchi, il tormentone dell’olio di palma e via così.
Dall’asilo nido alle scuole superiori le comunicazioni sui figli passano tutte inesorabilmente da whatsapp, il genitore diventa praticamente un intruso della classe che vuole sapere tutto quello che succede e mettere becco un po’ come fanno i cosiddetti “leoni da tastiera”, l’ansia di controllo è totale.
Aiuto!
Ma che fine faremo di questo passo?
E chi può dirlo!
Io personalmente, dopo il primo anno di materna di mio figlio, ho ridimensionato e non di poco la mia presenza in chat. Scrivo e rispondo solo se davvero necessario e sicuramente per dire un “grazie”, quello non lo si fa mai abbastanza.
Ed ho piacevolmente scoperto che con un uso consapevole della chat si stimolano le belle, care e vecchie chiacchierate all’aria aperta o magari al bar davanti un caffè.
Magari se riusciamo a tenere il cellulare più tempo in borsa riscopriamo la bellezza dei rapporti vis à vis che chiariscono ogni incomprensione guardandosi semplicemente in volto.
Basta poco: in tasca il cellulare sta da Dio!
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